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Dolci e pasticcini,  Ricette delle feste

Le frittelle di S. Giuseppe

Le frittelle di S. Giuseppe

19 marzo, S. Giuseppe.
«In piazza ci sono le frasche», dice il vecchio adagio che ricordava sempre mia madre quando si parlava di questa festa dell’incalzante primavera. Non era vero però che in piazza, e si riferiva alla nostra bellissima piazza del Campo, dai mattoni germogliasse verdura. Come per incanto erano «germogliate» le modeste baracche di frasca, alla contadina, dove i frittellai preparavano le frittelle di riso, e questo con sommo gaudio di noi ragazzi che dopo averne fatto lauta scorpacciata in casa, trovavamo la scusa di mangiarne delle altre in nome del Santo e delle «pine». Ma che c’entrano le pine? – direte voi. A Siena per San Giuseppe, giù per la scesa dell’Onda, vicino alla chiesa patronale, c’è una larga scalinata e lì vi sono i carrettini di tutte le «contrade» che hanno per ruote le pine turgide di pinoli. Ieri i ragazzi si divertivano con questi carretti fatti alla buona, trascinandoseli per la città e poi per i lunghi corridoi di casa.

Quando del carretto, per l’usura, erano restate le sole pine, allora nel cortile e nella piazza di fronte a casa si accendeva un focherello per scaldarle e toglierne i pinoli. Era giunto il maggio e le bandiere delle prime «contrade» di turno ci avvicinavano al Palio, che imperioso batteva alle porte. Si tornava a giocare con le spennacchiere, ci sbucciavamo i ginocchi correndo il Palio dei ragazzi, mentre i più grandicelli andavano a fare il «corso di bandiera», futuri alfieri di colori gloriosi.

La vecchia Siena sente oggi il fiato pestifero dei motori che invadono di strepito le belle strade e mentre i ragazzi pensano a ben altro che alle pine ed ai carretti dai tanti colori le frittelle rimangono a mantenere il ricordo d’una bella inesauribile tradizione.

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Cuociamo bene, in un mezzo litro di latte, 150 grammi circa di riso, aggiungendo un piccolo pizzico di sale. Il riso deve quasi sfarsi per la lunga cottura e se il latte non basta perché si è ritirato, si aggiunge un po’ d’acqua o magari altro latte. Questa preparazione si fa la sera; una volta pronta la mettiamo da parte a riposare.

La mattina dopo si impasta con tre uova intere bene sbattute, insieme a mezzo etto di zucchero ed una bella buccia di arancia grattugiata, oltre ad una cucchiaiata o due di farina (a discrezione della cuoca se le desideriamo più o meno consistenti).
A cucchiaini versiamo subito l’impasto nell’olio, possibilmente d’oliva finissimo (anche se l’olio di semi, per questo genere di cottura oggi è il preferito i che deve andare piuttosto forte.

Una volta ben crogiate togliamo le frittelle dalla padella per metterle in uno scolatoio su fogli di carta gialla (oggi usiamo più spesso la comune carta tipo scottex per uso domestico) in modo che ben si asciughino dall’eccessivo untume.
Prima di servirle si spolverano con abbondante zucchero a velo vainigliato che darà alle nostre frittelle la dolcezza necessaria.

Il fumo leggero si leva dalla piazza del Campo verso le alte finestre della Torre che tra i suoi colombi sembra respiri il dolce aroma diffuso dal vento leggero.
La vecchia Siena torna a vivere in una dolce parentesi che ci rituffa in tempi ormai lontani.

p.s. Alcuni esperti fanno oggi la frittella leggera, eliminando le uova, usando acqua e latte nell’impasto, aggiungendo poco zucchero. Lo zucchero, dice il Bianchi, frittellaio di fama, si mette tanto, ma dopo.

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