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Ricette primi piatti La pasta

Fettuccine le specialità regionali

Fettuccine alla papalina

È una variante della Carbonara, e nacque un giorno sotto la spinta del caso, della necessità. Allora, a metà degli anni Trenta, Ceseretto Simmi era titolare del Ristorante del Colonnato, a via del Mascherino, in vista della Basilica di S. Pietro. E da lì aveva spesso l’occasione di fornire pranzi direttamente in Vaticano, Sala del Tesoro, che vedeva in quel tempo Segretario di Stato il cardinale Eugenio Pacelli, poi eletto pontefice col nome di Pio XII.

Un giorno lo stesso Pacelli telefonò per richiedere pranzi con un menu un po’ particolare, avendo ospiti di molto riguardo, per di più stranieri. E, da buon romano, raccomandò soprattutto una Pasta un po’ speciale.
Non c’era tempo nemmeno per pensare, e Simmi decise di puntare su una rielaborazione, ingentilita, della Carbonara.
Ebbe successo, e da allora la ricetta è uscita molto di rado dalla Cisterna, dove Ceseretto era passato in seguito.
Lì gli eredi Simmi se la tengono sempre stretta come una autentica gloria casalinga. Ed è da Fausto Simmi, figlio di Ceseretto che ha avuto cortesemente notizie e ricetta.

Ingredienti per 6 persone:
600 g di fettuccine all’uovo
4 uova
150 g di prosciutto crudo
burro
cipolla
parmigiano grattugiato

Si lascia soffriggere in un tegame, con burro e cipolla, il prosciutto crudo tagliato a quadratini.
In una fondina a parte vengono battute invece le uova, insieme al formaggio grattugiato.
Intanto si sono lasciate cuocere le fettuccine in abbondante acqua salata. Una volta scolate, vengono rimesse nello stesso tegame, nel quale si versa pure il soffritto con il prosciutto. Si fa mantecare per pochi attimi, e subito dopo si aggiungono le uova battute e il formaggio, sempre continuando a mantecare, a fiamma lenta.
Appena terminato, si versa nel piatto di servizio, si mescola, e si passa altro parmigiano grattugiato.

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La Cucina der Papa

È notissimo, ma questo sonetto di G.G. Belli, La cucina dei-Papa, del 25 marzo 1836. è talmente ben congegnato, aggressivo e carico di tutta l’ironia che proviene dallo spettatore «escluso», da valere senz’altro la pena di rileggerlo, gustarlo, rimeditarlo.

Co la cosa, eh ‘er coca m’è compare
m’ha vorzuta fa’vede stammatina
la cucina santissima. Cucina?
Che cucina! Hai da dì porto mare.
Pile, marmitte, padelle, callare,
cosciotti de vitella e de vaccina,
polli, ova, latte, pesce, erbe, porcina,
caccia, e ‘gni sorte de vivanne rare.
Dico: pròsite a lei, sor Padre Santo.
Dice: eppoi nun ha visto la dispensa,
che de grazzia de Dio ce n ‘è antrettanto.
Dico: eh scusate, povero fijolo!
Ma cia a pranzo co lui quarch ‘Eminenza ?
Nòo, dice, er Papa magna sempre solo.

Altre nuance si perdono invece passando da un «oste» romano, o laziale. ad un oste abruzzese, ad esempio, come Severino. Ognuno si porta dentro per tutta la vita gli usi della propria terra, compresi quelli della cucina, e sia pure attenuati dalla lontananza.

Ancora a proposito di queste Fettuccine, ancora la Boni ci rivela una specie di colpo segreto. Dopo aver condito le fettuccine col sugo dell’umido, scrive, e prima di aggiungerci il ragù, si possono rimettere in una casseruola con qualche altra cucchiaiata di sugo e lasciarle insaporire per pochissimi minuti all’angolo del fornello, mescolando con precauzione. In tal modo, prosegue, il condimento viene meglio ricevuto dalla pasta, che risulta più saporita.

«Si versa poi nel piatto, si mette il ragù, si mette anche qua e là qualche altro pezzetto di burro, e si completa con una spolverata di parmigiano. Le fettuccine preparate in quest’ultimo modo si chiamano ripassate in casseruola.

Un’operazione che si avvicina di molto all’attuale esigenza del «mantecare Solo che allora era una pratica di cucina piuttosto rara, mentre in questi ultimi anni è diventata, in generale, un deprecabile armeggio. Un vizio portato avanti pure per mascherare altri difetti.
Senza tuttavia voler fare per questo d’ogni erba un fascio.

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